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Il nuovo libro uscito come Edizioni Officine Gutenberg è scritto da Margherita Pergolotti ed un viaggio a scuola, lungo il periodo Covid, in una classe giovani alunni

Da qualche tempo nel catalogo di Edizioni Officine Gutenberg è entrato un nuovo libro, che parla di scuola, ragazzi ed insegnanti e si tratta di “Una classe contagiosa”, scritto da Margherita Pergolotti.

Gli ultimi due anni di difficoltà anche a scuola, ecco il libro di Margherita Pergolotti

Come abbiamo anticipato il libro è un lavoro creato in una classe di scuola tra gli alunni e un’insegnante, Margherita Pergolotti che ha seguito e vissuti questi lunghi mesi insieme ai suoi ragazzi. Di conseguenza abbiamo intervistato proprio lei per parlare del suo “Una classe contagiosa“,

Una classe contagiosa! Partiamo da qua: di quale classe stiamo parlando?

La descriverei con due aggettivi: variopinta e sorprendente. Variopinta sia per le tonalità di colore dell’incarnato dei bambini presenti, che vengono da ogni parte del mondo. Certo c’è chi è nato in Italia e chi è arrivato nel corso degli anni direttamente dal paese d’origine e non pronunciava una parola in italiano. Variopinta anche in senso figurato: piena di colori, i colori della vita, della gioia di vivere, dell’entusiasmo ma anche della irrequietezza, della voglia di primeggiare tipica dei bambini millennial, ma pur sempre bambini!

Sorprendente nel duplice senso, il primo, piena di sorprese: quando entro in classe non so mai cosa mi aspetta, anche se ho il mio programma in mente da seguire, ho imparato che la lezione non andrà mai come l’ho pensata, spesso è andata diversamente e in meglio!

In secondo luogo sorprendente perché questi alunni mi sorprendono e stupiscono ogni giorno! Non posso ingabbiarli in una mia immagine, sono infinitamente di più, più delle loro manie, difetti, insicurezze…e io mi sorprendo a guardarli e a scoprire il tesoro, più o meno nascosto, che c’è in ciascuno di loro!

Scuola e Covid: ecco "Una classe contagiosa"
Una classe contagiosa, il libro di Margherita Pergolotti

Questo libro lei lo definisce come un lavoro d’orchestra: tecnicamente come si è svolto il tutto?

Innanzitutto il libro non ci sarebbe se prima non ci fossero i protagonisti. Un direttore d’orchestra non può dirigere se non ci sono i musicisti. Anche il mio racconto è nato in stretta collaborazione tra i miei alunni e me… Quando ho iniziato a scrivere il giorno successivo in classe leggevo ai miei alunni le pagine e vedevo nei loro occhi molto entusiasmo e gioia, poi intervenivano e mi facevano notare che le parole che avevo riportato non erano esatte, così io correggevo davanti a loro. Sono stati loro non solo i protagonisti ma anche i primi lettori e infine pure scrittori (alcuni episodi li hanno scritti loro)

Questo è un libro per bambini oppure per genitori?

La mia intenzione, quando ho iniziato a scrivere le prime righe, era di rivolgermi a un bambino raccontandogli la vita scolastica di una classe particolare in un periodo particolare: la pandemia. Il linguaggio che ho scelto è volutamente semplice, a misura di un lettore dai 9 anni in su. Tuttavia credo che il libro sia piacevole anche per un genitore, per conoscere un piccolo ma realistico spaccato di vita scolastica nell’epoca post moderna.

Da insegnante come sono stati questi ultimi due anni e come hanno modificato il suo ruolo lavorativo?

Questi due anni sono stati interessanti e impegnativi. Interessanti in quanto la scuola è stata investita davvero di un ruolo fondamentale, forse il Covid ha contribuito a riscoprire l’importanza e il valore della scuola come comunità. Interessanti perché noi maestre siamo state sollecitate a percorrere nuove strade, inventare nuove soluzioni per fare scuola, per ridestare il piacere e il gusto di imparare, studiare, faticare… ad esempio io ho familiarizzato con metodologie innovative, come l’uso di web tool e strumenti digitali per organizzare le lezioni in dad.

Si diventa creativi nel proporre attività accattivanti e motivanti : il concorso fotografico su Classroom, in cui ciascuno era inviato a inviare alcune foto su un tema dato da noi maestri, poi sarebbero state premiate le foto più originali.

Impegnativi: certamente perché la mole di lavoro in questi anni è aumentata, anche solo per la dad, preparare una lezione in dad richiede tempo, energie… Poi una volta rientrati  a scuola tutto era scandito al minuto: orari bagni, mensa, ingresso, uscite. Noi maestre abbiamo dovuto svolgere oltre al nostro compito  anche altre mansioni: disinfettare i materiali dopo l’uso, controllare le mascherine, rispettare il protocollo anti Covid alla lettera…

Sì, da quando ho iniziato a lavorare, ormai 25 anni fa, il ruolo dell’insegnante è cambiato tantissimo!

Però se mi permette, vorrei aggiungere che anch’io sono cambiata, come coscienza di ciò che significa educare, cioè  accompagnare i bambini alla scoperta della realtà tutta, nelle diverse sfaccettature e di ciò che questo comporta, è importante guardare ogni bambino come unico e irripetibile.E l’ho imparato anche attraverso gli errori che mi sono accorta di aver commesso.

In fondo ogni classe in cui ho insegnato, ogni alunno a cui sono stata a fianco, anche il più irrequieto e indisciplinato mi ha forgiato, e questa eredità la porto con me come un tesoro! Il cuore di un insegnante è come un gomitolo che funziona all’incontrario, non si riduce usandolo, anzi con il tempo si ingrandisce! Si allarga per far posto a tutti gli alunni che ha incontrato. Non uno di meno. ( come il titolo di un famoso film di Zhang Yimou)

Scuola e Covid: ecco "Una classe contagiosa"
Margherita Pergolotti

Dei bambini si dice che sappiano accettare molto meglio dei grandi, i cambiamenti. Ma è stato veramente così? Come li ha visti cambiare tra chiusure e riaperture?

Indubbiamente i bambini che hanno attraversato la pandemia, hanno risentito di questo lungo periodo di isolamento al chiuso, di lontananza fisica dagli amici. Ricordo che durante il primo lockdown in cui il governo diceva che la scuola restava chiusa 20 giorni, poi invece prolungava e così si è arrivati a maggio,una mia alunna mi disse : “Maestra ma perché ci illudono così, rinviando ogni volta l’apertura della scuola? Io sono stanca.”

Lei aveva già intuito come sarebbe finita.

Per contro una mamma della mia classe, quando è iniziata la dad, (la mia scuola ha iniziato subito ai primi di marzo), mi ha detto: “Grazie maestra, perché la scuola è l’unica che da ai bambini il senso del quotidiano.”

I miei alunni non hanno particolarmente patito le chiusure e le riaperture in quanto l’anno scorso, a parte le due settimane di chiusura perché eravamo zona rossa, la mia classe non si è mai fermata. Nessuno si è ammalato. Certo la dad per tutti, alunni e docenti, è stata una sofferenza, non aspettavamo altro che di ritornare in presenza. Tuttavia i miei alunni non li ho mai visti sconfortati o tristi, piuttosto prevalevano il desiderio e la speranza di ritornare a vedersi dal vivo.

Noi maestri cercavamo con loro di essere sempre sinceri sulla situazione generale ma lievi e lieti, dando le ragioni del perché era necessario questo sacrificio e allo stesso tempo trovavamo il modo di strappare sempre una risata! Così abbiamo superato anche i momenti più bui. I bambini guardano a noi adulti, la loro capacità di affrontare i cambiamenti positivamente è proporzionale alla certezza che c’è  e che vedono nell’adulto, sia esso maestro o genitore o nonno… i bambini ci guardano sempre, anche quando noi non li vediamo!

E il bambino guarda dove guarda l’adulto! Per cui mi domando: gli adulti di oggi chi guardano? Dove guardano?

Io per guardare i miei alunni, dietro al video, lontani e distratti,  a volte anche  preoccupati ho capito che dovevo essere certa che c’è la speranza, che la vita è bella perché c’è un senso in tutto! Bisogna solo vivere per scoprirlo! La mia certezza rendeva certi anche loro! È contagiosa!

Non possiamo non chiedere qualcosa sulle belle illustrazioni di Elisa Branca!

Elisa è stata davvero una incredibile sorpresa, è una ragazzina molto dotata e talentuosa che segue le orme dei suoi altrettanto talentuosi genitori. Mi fa molto piacere che questo sia il primo libro da lei illustrato! Io avevo chiesto a sua madre Laura perché è mia amica, di illustrare il libro e lei ben contenta mi ha proposto se poteva fare le illustrazioni sua figlia perché è molto in gamba. Io ho accettato molto volentieri, sapevo che la fiducia era ben riposta!

In conclusione non possiamo non chiedere in questo momento, dopo la sua esperienza di 4 anni in Russia, che ricordo ha di quel paese e delle persone che ha conosciuto?

I quattro anni vissuti in Russia sono per me un’esperienza indimenticabile e preziosa che ha formato e arricchito la mia persona. Questo periodo mi ha permesso di conoscere da vicino la cultura russa che avevo solo studiato sui libri in università, ma soprattutto di entrare in rapporto con il popolo russo. È un popolo che ha sofferto moltissimo e lo si percepisce, tuttavia ha una grandissima dignità, anche solo guardando le donne sul metro, come sono curate e tenute, non una ciocca fuori posto, manicure sempre perfetta. Ricordo la bidella della mia scuola che lavorava sempre con il rossetto!

Così come ricordo il silenzio assordante che regnava sui bus e sul metro, abituata al nostro parlare ininterrotto sono rimasta scioccata; chi osava parlare erano i giovani.

Le persone che ho conosciuto sono gente semplice; mi stupiva l’accoglienza che mi offrivano, seppure le loro case fossero molto piccole ed essenziali, un te’  con dolci e biscotti non lo negavano mai a nessuno. Certo fuori dalla metropoli russa c’è la povertà, sembra impossibile ma è così. Le mie amiche, mie coetanee, mi raccontavano della loro infanzia sotto il comunismo, le ascoltavo ammutolita e pensavo a quanto sono stata fortunata. Soffro in questo momento per e con il popolo ucraino ma anche per il popolo russo, che non si può identificare con il governo di un presidente. Ho sentito e sento in questi giorni le mie amiche russe: sono sotto shock e hanno paura!

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