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Abbiamo sempre avuto una canzone nelle orecchie è il primo romanzo scritto da Emiliano Raffo per Edizioni Officine Gutenberg

La parabola di una generazione che ha attraversato due mondi, transitando da una dimensione prevalentemente “fisica” a una “liquida”, dall’analogico al digitale, con la fatica e la creatività di reinventare un senso. Si muove in questo scenario il primo romanzo di Emiliano Raffo “Abbiamo sempre avuto una canzone nelle orecchie” (Edizioni Officine Gutenberg) uscito da pochi giorni in libreria.

Con una cifra inconfondibile: un’interminabile, ricca, a tratti disorientante, colonna sonora musicale ad accompagnare la storia di formazione tra la provincia e la metropoli londinese. Emiliano Raffo ci porta in un viaggio dagli anni ’80 fino al presente con un gruppo di amici che si perde e si ritrova all’ombra di un campetto, del bar o di una discussione: un primo originale bilancio di una generazione arrivata alla soglia dei 50 anni.

L’intervista Emiliano Raffo

Il titolo già tradisce una caratteristica del tuo romanzo, impregnato di musica e artisti, quale canzone (o canzoni) “hai sempre avuto nelle orecchie”? Tante, davvero tante. Al volo, due o tre: “Across the universe” dei Beatles, “Us and them” dei Pink Floyd, “Hellz wind staff” del Wu-Tang Clan. Ma ce ne sarebbero centinaia di altre, queste senza dubbio sono fra quelle che hanno attraversato i miei anni, hanno avuto la forza di commentare più periodi della mia vita.

Romanzo di formazione tra gli anni ’80 e dieci del duemila, definiresti così la storia che racconti nel libro? Con quali particolarità, senza spoilerare troppo? Sì, la parte della “innocenza” è quella più formativa. Parte da metà anni ’80 e si chiude con il tramonto del Novecento. La seconda parte, “l’esperienza”, inizia con i primi vagiti del nuovo millennio e arriva ai giorni nostri.

Se nella fase “innocente” è tutto un forgiarsi, formarsi, provare a crescere, nella fase “esperta” i nodi vengono al pettine e i vari personaggi sono costretti a fare i conti con un raccolto non sempre fruttuoso, spesso turbolento. In primis Garatti, che dovrà finalmente chiudere i conti con il proprio passato. Le due fasi, oltre che dalla musica, sono legate da una sensazione, talvolta precaria, di cambiamento. I protagonisti del libro, di fatto, si sono formati per vivere, seminare e produrre in un mondo che poi non è quasi più esistito.

Il libro di Emiliano Raffo

Scrivendo una storia che corre nell’arco di circa 40 anni ti sei accorto se c’è una cifra che caratterizza la tua generazione, oggi arrivata alla soglia dei 50 anni? Credo che al di là dell’anonima etichetta di “generation X”, noi siamo la generazione dei due mondi. Nati analogici, ci hanno in realtà costruito un mondo digitale. Nati “fisici”, ci siamo ritrovati adulti “liquidi”, immateriali. Nati in un diffuso benessere, ci siamo ritrovati catapultati in un mondo glocal che ci ha portato sotto casa lingue, umori, difficoltà, esperienze, biografie che prima risiedevano dall’altra parte del pianeta. Penso davvero che un 40-50enne, oggi, possa avere la sensazione, vertiginosa e sfidante, di aver già vissuto in due mondi, più che due vite.

Nelle tue pagine spesso infarcite di citazioni musicali, canzoni, personaggi degli anni raccontati, spesso si veleggia nella nostalgia, a quale delle stagioni che racconti sei più legato? Mah, in realtà ho provato quasi sempre a dribblare la nostalgia, fatta eccezione in quei momenti in cui non è proprio possibile mentire, innanzitutto a sé stessi. Si cresce, si diventa parte del mondo produttivo e la nostalgia è una reazione pavloviana che chiunque, per un periodo, cavalca volentieri.

La nostalgia diventa una trappola e non un sacrosanto rifugio se, come spesso capita, diventa il prisma che utilizziamo per giudicare – spesso male – tutto ciò che viene dopo di noi. A livello personale la mia formazione musicale è, in un certo senso, ancora viva, in atto. Però negli anni in cui si è spugne, sono stato fortunato ad assorbire davvero di tutto. Dal classic rock ereditato da mio padre a tutto il corredo heavy anni ’80/’90. E poi la scena rave e drum and bass, il Britpop, schegge di grunge, tanta elettronica, ma anche un cantautore come Bob Dylan, che più che un artista è un genere a sé.

L’articolo è stato ripreso da PiacenzaSera.it.

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