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I due autori, Fabio Doriali e Filippo Columella, ci raccontano come è nato e come è strutturato il corso di piacentino uscito il 27 novembre

È appena uscito e il primo dei due volumi di Piasintein da 0 sta avendo un successo inaspettato e notevolissimo. L’ultimo libro di casa Edizioni Officine Gutenberg è un vero e proprio manuale per conoscere, partendo da 0, il dialetto piacentino. Infatti nel giro di poco più di 10 giorni, Piasintein da 0 è andato letteralmente a ruba prima nelle edicole e poi nelle librerie di Piacenza e provincia.

Dietro a Piasintein da 0 ci sono però i 2 autori, i veri artefici di questa nuova, fortunata uscita (che in edicola trovate insieme al quotidiano Libertà), ossia Fabio Doriali e Filippo Columella. I due scrittori piacentini infatti hanno dato vita in questi mesi ad un vero e proprio corso di dialetto piacentino in due volumi (il secondo arriverà nel 2022), in modo che chiunque possa approcciarsi al nostro dialetto anche partendo praticamente da zero.

Doriali – Columella: il dialetto piacentino ha due nuovi “prof”

Come detto Piasintein da 0 è partito subito fortissimo e questo successo ha travolto in primis proprio i due autori. Proprio per questo, e per la natura del libro scritto a 4 mani, abbiamo pensato di fargli una intervista doppia, un po’ in stile Le Iene. Ecco come hanno risposto alle nostre curiosità, Fabio Doriali e Filippo Columella, i nostri “prof” del piacentino!

Partiamo dall’inizio: come nasce l’idea di Piasintein da 0?

Fabio – L’idea del libro nasce da Giovanni Menzani, che me ne ha parlato proponendomi di scriverlo nel 2020. Ho poi successivamente coinvolto Filippo, con il quale già collaboravo in quanto lui mi aveva fatto entrare nel progetto del Comune di Piacenza #parlummpiasintein. Gli ho proposto di condividere con me l’edizione, ed eccoci.

Filippo – L’idea del libro nasce da contatti tra Fabio Doriali e l’editore. Sono stato invitato da Fabio ad aderire al progetto dopo questi accordi, quindi sarà lui più preciso sull’origine. Sicuramente uno strumento di questo tipo, per avvicinare le persone al piacentino o per ravvivare il ricordo tra chi già vi si era accostato in passato, non esisteva nel nostro territorio. Non sono mancate e non mancano pubblicazione sul piacentino o in piacentino, soprattutto nell’ultimo decennio, ma mai era stato pubblicato un corso di lingua strutturato come i testi per l’apprendimento delle lingue straniere in uso nelle scuole.

Piasintein da 0: il manuale del dialetto piacentino è in edicola e libreria
Fabio Doriali

Un libro a 4 mani: come avete gestito il lavoro?

Fabio – Filippo firma completamente il prontuario ortofonetico e ha scritto gran parte del materiale che io ho assemblato secondo la struttura didattica che ho creato, collaborando nelle note e redigendo l’introduzione.

Filippo – Abbiamo deciso di suddividerci il lavoro in sei capitoli ciascuno e poi, in accordo con l’editore, di dividere l’opera in due volumi. Inoltre, Fabio ha redatto l’introduzione e io un compendio ortofonetico per l’avviamento alla pronuncia e all’ortografia del piacentino. C’è poi un reciproco intervento di revisione del lavoro altrui a livelli diversi.

Rispettivamente: da dove arriva la vostra conoscenza/passione per il nostro dialetto?

Fabio – Da sempre nella mia famiglia la lingua piacentina era l’unica parlata. Ho deciso di studiarla, le prime canzoni che ho composto e cantato in giro per l’Italia sono del 1995/96, quando lo ho studiato anche all’Università. Poi, dal 1998 ho iniziato anche a recitare per la Compagnia dialettale “Il Du Mascar” di Maurizio Mosconi. Da lì ho proseguito gli studi ed inserito la lingua piacentina in progetti pilota che conduco nelle mie classi di inglese e francese come “buone pratiche” di apprendimento linguistico.  Ho scritto anche diverse poesie che hanno avuto riconoscimenti anche a livello nazionale.

Filippo – Per me la conoscenza e l’interesse per il piacentino sono stati naturali. Quando ero bambino, negli anni 80, nei paesi della nostra provincia – io sono originario di Ponte dell’Olio – era normale che le conversazioni si svolgessero in piacentino in molte famiglie, tra vicini di casa, per strada, ma anche nei negozi. Non era infrequente nemmeno che all’epoca le maestre organizzassero recite in lingua locale o che insegnassero qualche canzone piacentina agli alunni della scuola primaria. E alle superiori, studiando tre lingue straniere di cui due romanze, ho iniziato a rendermi conto che le strutture del nostro idioma non erano quelle dell’italiano.

Negli anni ho approfondito, scoprendo che per l’appunto il piacentino non è un dialetto dell’italiano, ma di un’altra lingua: l’emiliano. Così lo definisce l’Unesco, così lo classificano gli archivi linguistici internazionali e così fa il professor Marco Tamburelli dell’Università di Bangor, Regno Unito, che gentilmente ha curato prefazione di questo nostro primo volume, evidenziando questo aspetto.

Piasintein da 0: il manuale del dialetto piacentino è in edicola e libreria
Filippo Columella

Questo libro è veramente uno strumento per lo studio della nostra lingua attraverso lezioni. Quali sono secondo voi i passaggi più difficili per chi non è di Piacenza?

Fabio – Probabilmente la pronuncia risulta ostica. Come anche l’opacità, talvolta, nella corrispondenza grafema/fonema. A livello lessicale, pur con bellissime particolarità, siamo invece più allineati alle zone a noi limitrofe. Il Piacentino è infatti, per ragioni geografiche, lingua di frontiera che ha saputo avere proprie sue peculiarità.

Filippo – A livello grammaticale le difficoltà sono quelle in cui ci si imbatte studiando qualsiasi altra lingua romanza, nè più nè meno. Ma un italofono puro o una persona che parla una qualunque lingua regionale dell’Italia centro-meridionale faranno i conti con una fonetica sconosciuta. Diverso è per una persona del Nordovest che già conosce la propria varietà linguistica locale. Uno straniero, che ha già imparato l’italiano e magari conosce altre lingue diverse da quelle del suo paese, non si farà prendere dallo sconforto di fronte a suoni che gli risultano estranei. Dopotutto è possibile imparare qualsiasi lingua, con la giusta motivazione e la pratica abituale.

Piasintein da 0: il manuale del dialetto piacentino è in edicola e libreria
Filippo Columella e Fabio Doriali in posa ad Officine Gutenberg

In un libro quasi completamente in dialetto, escluse le primissime pagine, quanto lavoro c’è stato nelle scelte su come costruirlo, unità per unità?

Fabio – Ho inteso costruire il volume basandomi su criteri comunicativi. Sono quelli che pratico in tanti anni di insegnamento. Un metodo di apprendimento vivo a partire da bisogni concreti. Una lingua da camminare, da percorrere.

Filippo – Essendo il primo corso di piacentino impostato come quelli delle lingue internazionali più studiate, si è dovuto trovare un modello adeguato. In questo senso, all’inizio abbiamo fatto e disfatto: ad esempio i capitoli delle prime versioni redatti nel 2020 erano diversi dallo schema che poi è stato adottato definitivamente. Per me la difficoltà maggiore resta quella di scrivere pagine e pagine in un’ortografia incompatibile con la tastiera italiana.

Oggi la scrittura è quasi esclusivamente digitalizzata e se non vi sono strumenti agili per scrivere in piacentino, si rischia di non farlo o farlo male dato che estrarre tanti caratteri speciali richiede molto tempo. Ed è un male, perché a detta degli esperti – non del sottoscritto – un’ortografia fruibile è il primo passo indispensabile per avviare qualunque programma di rivitalizzazione linguistica.

Aspettando il volume 2, cosa vi aspettate da chi si avvicina al piacentino attraverso Piasintein da 0?

Fabio – Mi aspetto un riscontro, uno scambio, un feedback. E’ un progetto pienamente innovativo e lontani dai soliti dizionari, vocabolari od esercizi di stile come traduzione in piacentino di opere letterarie. Certamente encomiabili, ma qui è proprio altro. Spero il tutto possa essere capito, lontano dai solchi della tradizione, del vernacolo, del fenomeno di costume o da osteria. Lo studio di una lingua come se fosse una lingua morta, questo è ciò che ho in testa. Poi, certo, il piacentino morto non lo è ma va visto ed approcciato come se lo fosse, per saperlo, appunto, camminare.

Filippo – Mi aspetto che il lettore si renda conto di trovarsi in presenza di una vera lingua con la quale si può comunicare in varie occasioni: per questo entrambi i volumi presenteranno diverse situazioni d’uso. E che grazie a questo, poco a poco, possa scoprire la grande diversità linguistica dell’Italia, una ricchezza di idiomi che rappresenta un caso unico in Europa.

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