Torniamo a parlare di Lucia Longinotti e lo facciamo tornando in un posto iconico, la Pietra Parcellara vivendola in modo nuovo!
Sicuramente uno dei luoghi più magici del nostro territorio è la zona della Pietra Parcellara e della Perduca. Per chi abita li vicino ma anche per chi ci arriva camminando e per chi ci passa pedalando in biciletta, questi luoghi rappresentano uno dei punti più belli della Val Trebbia e della provincia di Piacenza più in generale.
Luoghi conosciutissimi ma che ora, grazie ad un’iniziativa che prende il nome di “Le 3 pietre”, possiamo vivere in un modo ancora più completo e nuovo grazie ad un’amica di “Camminatori seriali“, Lucia Longinotti.
Lucia Lunginotti, la Parcellara, la Perduca e tanto altro
Come anticipato l’evento “Le 3 Pietre”, che prenderà vita sabato 3 maggio, ci mostrerà alcuni volti di questi luoghi per molti sconosciuti ma non solo, infatti come ci spiega Lucia in questa intervista, il tutto sarà arricchito da altre iniziative collaterali che prenderanno vita durante e dopo la camminata lungo l’anello che ci porterà fino in vetta, per rendere la giornata ancora più speciale. Ma tutto questo ce lo racconta Lucia!
Eccoci di nuovo Lucia! Non ci sentiamo da un po’ ma nel frattempo la stagione dei trekking primaverili è iniziata. Come sono state queste prime settimane post-inverno?
Intense! È stato un inverno piuttosto piovoso e questo ha rallentato i sopralluoghi, l’individuazione dei sentieri e la pulizia degli stessi. Certo, aver deciso di proporre escursioni su sentieri non tracciati, andando a ripescare nella fitta rete di mulattiere e percorsi che disegnava il territorio montano, è di per sé qualcosa che richiede tempo ed un’attenta valutazione della percorribilità e della sicurezza. Ma mi diverte troppo, è il modo attraverso il quale ritrovare i sentieri della mia infanzia e scoprire luoghi nuovi che rappresentano il selvaggio dietro casa.
Oltre a questo i rinvii delle escursioni sono stati ogni volta una sofferenza perché vedevo che la voglia degli escursionisti era tanta ma la sicurezza e la piacevolezza del cammino vengono prima di tutto. Sono riuscita a riproporre Sottosopra, al monte Burrasca, ma purtroppo “Le 3 Pietre” è stata più sfortunata, con pioggia due sabati di fila. Essendo un’escursione estremamente legata al sincretismo religioso e alle tradizioni, abbiamo valutato che le date più adatte dopo l’equinozio fossero i primi giorni di maggio, legati al fuoco di Bel della tradizione celtica e al Calendimaggio.

Torniamo a sentirci perché abbiamo visto una l’iniziativa che già menzionavi sopra: Le tre Pietre. Ce la racconti?
“Le tre Pietre” nasce grazie all’Associazione “Organico Perduca”. L’incontro con questa realtà è stato immediatamente stimolante e ci siamo trovati a camminare insieme, sui loro sentieri, nel primo giorno di inverno. Alessandro mi ha accompagnata con il fido Balù sui sentieri della sua infanzia, tessendo i passi di un racconto fatto di storie familiari e di resistenza montanara. Mi ha raccontato del legame profondo con quel territorio e di come siano riusciti a creare un teatro nel cuore dell’Appennino, riempiendolo di arte e idee da maturare assieme.
Chiunque sia stato tra Parcellara e Perduca sa qual è l’energia che scorre tra quelle pietre, quanto forte sia il richiamo che esercitano su chiunque passi: è dalla notte dei tempi che gli uomini salgono lassù e capire quale sia stata l’evoluzione del nostro rapporto con questi scogli ofiolitici in un mare di colline ci aiuta a ricostruire la storia di un intero territorio. Sarà un percorso ad anello, non particolarmente impegnativo, che offrirà l’occasione di scoprire angoli meno noti delle pietre come la Cava della Parcellara ed una terza pietra, alle sorgenti della Dorba. Cammineremo nel pomeriggio arrivando, al calar del sole, per farci raccontare del teatro e godere insieme di un fuoco di comunità.
Questa zona è conosciutissima da tanti camminatori piacentini e non solo. Cosa c’è ancora da scoprire di questi veri e propri monumenti naturali?
La vera sfida è stata questa: trovare un sentiero inedito in uno dei luoghi iconici del piacentino. E devo dire che grazie a “Organico Perduca” qualche sentiero poco o per nulla battuto è stato ritrovato: tra Agliarino e Scarniago, alla cava della Parcellara e sul crinale di Montà. Sono tracce non segnate che raramente si seguono ma che danno spazio a panorami unici. Insomma anche stavolta cesoia e marassa son servite! La scelta del titolo poi voleva far sorgere qualche punto di domanda in chi se lo fosse trovato davanti: “Le 3 Pietre”? Perduca, Parcellara e…?”. E per chi ancora non avesse avuto occasione c’è un Teatro da scoprire e che riprenderà la sua splendida programmazione con l’arrivo dell’estate.
Uno di quei posti che hanno la grande capacità di portare cultura e bellezza tra le montagne, occasioni di incontro e scambio votate a una dimensione artistica e non solo. Di lì sono passati artisti che hanno realizzato opere plasmate con la materia del territorio lavorandola con la loro storia e questi scambi sono semi preziosi per la nostra montagna.

Una escursione che arriva in questo momento anche perché il territorio, le piante, i boschi, cambiano molto durante l’anno, giusto?
Per costruirlo e manutenerlo ho fatto questo cammino 6 volte in momenti diversi della stagione e ad ogni ritorno qualcosa cambiava. Per l’equinozio iniziavano le prime fioriture di epatiche e denti di cane mentre a maggio, quelle che adesso sono gemme, saranno una chioma lussureggiante tra i rami delle roverelle e nei prati ci saranno centinaia di orchidee selvatiche. Il posto è lo stesso ma non è mai uguale. Inoltre ci troviamo in una ZSC caratterizzata dalla presenza di ofioliti che hanno una loro flora specifica e una fauna che ha dell’incredibile. Basti pensare che, nelle vasche della Perduca, si trovano 3 specie di tritone.
Non solo passi ma anche letture! Raccontaci questa “combo” che proponete per il 3 maggio.
I libri nelle mie escursioni ci sono sempre perché, assieme alla montagna, sono la mia più grande passione. A volte basta un piccolo gancio evocativo perché decida di portare un romanzo al posto di un altro e stavolta “Il figlio” di Meyer è arrivato dai racconti di Termine Grosso. È un romanzo generazionale come generazionale è stato l’abbandono della montagna e oggi la voglia di tornarvi. Uno dei protagonisti cresce in mezzo ai Comanche imparando ad ascoltare ogni più flebile suono della natura e a rispettarla, calandosi in essa senza predarla ma prendendo solo ciò che è strettamente necessario.
È un libro che racconta l’America degli ultimi 150 anni partendo dalle vicende di una famiglia, dando in questo modo uno sguardo globale ad una storia minima. Perché sono le piccole storie che raccontano una terra. In ogni escursione mi piace che quella storia minima sia non solo ritrovabile nell’incontro con chi vive in un dato territorio ma anche attraverso pagine che possano seguire l’escursionista nei giorni dopo la camminata. Mi emoziono ogni volta che mi mandano la foto del libro che abbiamo letto insieme in escursione, comprato per la curiosità di conoscerne il finale. Mi sembra un bel modo per far girare libri.
La grande conclusione della giornata sarà un falò come tradizione da Calendimaggio. Ci dici qualche parola su questa ricorrenza che non tutti conoscono?
Il fuoco è l’elemento più caratteristico delle celebrazioni legate al risveglio della natura. Se pensiamo solo al nostro territorio, si brucia per Sant’Antonio, Carnevale, San Giuseppe e i falò sono spesso alimentati con i rami delle potature, elicriso, ginestrino. Tutto questo ha origini antichissime che sono arrivate sino a noi attraverso una tradizione fortemente legata ai culti pagani. Nell’antica Roma, tra il 28 aprile e il 3 maggio si svolgevano i Floralia mentre i celti, per l’occasione, accendevano dei grandi falò, chiamati fuochi di Beltane, in una notte importantissima che astronomicamente si contrapponeva a quella in cui si celebravano i morti, il primo novembre.
Oggi tutto questo è noto ai più come Calendimaggio, dal latino Kalendis maii, o Cantarmaggio e il fuoco è spesso uno degli elementi di una festa comunitaria nella quale si canta, a piedi per il paese, per ricevere in cambio uova, formaggio e fiori. Volevamo un’escursione che fosse anche una festa e un’occasione di incontro. Ogni volta che sono passata a Termine Grosso la musica era nell’aria e per questo immagino che girerà anche la sera del 3 maggio tra la luce del falò e qualche bicchiere di rosso.
